Ho conosciuto don Carlo tantissimi anni fa, ero appena entrato in seminario o poco dopo, mi dissero che c’era un prete ricoverato in ospedale per un intervento chirurgico e che non stava troppo bene, l’operazione si era prolungata e con essa l’anestesia così aveva subito anche questo surplus di anestetico che lo aveva “drogato”. Mi dissero anche che era un prete particolare, strano, difficile … andai.
Di don Carlo si dicevano molte cose per il suo carattere ruvido, dalle maniere spicce, il suo modo di fare e di pretendere, uomo di tante iniziative e di opere che ha messo in piedi e da cui si è ribellato; certo che non si è mai omologato e non si è lasciato omologare, mai.
Uomo dalla schiena dritta che ha patito e sofferto per i frutti delle sue angolosità ma che non ha mai rinunciato a se stesso, alle sue idee, alla sua fede, alla Chiesa in cui ha creduto.
Ligio fino alle minuzie alla Parola di Dio, si è lasciato condurre dallo Spirito che soffia dove vuole e ne senti la voce (Gv 3,8), così si è lasciato sballottare un po’ qua e un po’ là. Per questo, forse, era ritenuto un prete difficile, come d’altronde lo sono i profeti, che intuiscono molto, sanno indicare la strada a molti, e trovano difficoltà a percorrerla perché già ne hanno intravista un’altra.
Qui entra in gioco il senso della sua paternità e il suo spirito di libertà che dopo aver instradato ha lasciato liberi gli altri di percorrere la loro strada, certo ogni volta era uno strappo, ma anche una crescita e una responsabilità nuova.
Se però volessi sintetizzare in una parola lo spirito di don Carlo, forse sembrerà strano, sceglierei “la tenerezza”; in tutto quello che ha fatto ha manifestato sempre l’affetto e la tenerezza di Dio.
Questa sua tenerezza, immagine concreta di quella di Dio, ho amato.
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